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IL DOCENTE VAGABONDO Umberto Tenuta Il docente pedagogo. Il docente che non fa lezioni, che non si sgola, che non si affanna a spiegare, a dimostrare, a illustrare, a presentare, ma che guida gli alunni, che li accompagna nei sentieri tortuosi dell’apprendimento, nelle esperienze che essi sono motivati a fare. Un docente che non fa, ma che fa fare: un docente scansafatiche, un docente poltrone, un docente vagabondo. Eppure un docente con una grande virtù, che è quella di non fare ma di far fare agli altri. Questa è forse la più grande virtù pedagogica, il migliore criterio didattico, che ogni docente dovrebbe sempre seguire: non fare mai quello che si può delegare agli altri, quello che si può lasciar fare agli alunni. Proviamo ad offrire un esempio di comportamento del docente vagabondo. Prendiamo in considerazione l’apprendimento delle regole per il calcolo dei perimetri della figure geometriche regolari: triangolo equilatero, quadrato, pentagono, esagono ecc. Che cosa fa il docente solerte? Disegna alla lavagna triangoli, quadrati, pentagoni ecc. e spiega, fa vedere, dimostra che per calcolare i perimetri occorre moltiplicare il lato (misura della lunghezza del lato) per il numero dei lati. Ma mentre egli si affanna a spiegare, a mostrare il numero dei lati, a prendere le misure, a contare i lati, Filippo, Maria e Giovanna, in fondo all’aula, confabulano tra di loro su come impegnare il loro pomeriggio. Angela è assorta nelle sue fantasie, Stefania pensa alle bambole da vestire, Marco sogna la sua playstation 2. Quando, al termine della lunga spiegazione, il docente solerte sottopone gli alunni alle debite esercitazioni ed interrogazioni, molti alunni dimostrano di non avere appreso e soprattutto di non aver compreso. Quanta fatica sprecata! A questo punto, il docente solerte ha due possibilità: ritornare a spiegare oppure cambiare la strategia didattica. Il docente solerte, che non si arrende mai dinnanzi alle difficoltà, continua imperterrito per la sua strada e ritorna a spiegare, rispiegare, dimostrare… Invece, il docente pragmatico capisce l’antifona e cambia registro. Smette di sudare le sette camicie nello spiegare quello che gli alunni non comprendono e non apprendono e mette a lavorare gli alunni. Crea un interesse, una motivazione, un bisogno che induca gli alunni a voler calcolare i perimetri di determinati oggetti: tavoli triangolari, quadrati, pentagonali, esagonali; aiuole triangolari, quadrate, pentagonali, esagonali… Predispone i modelli di questi oggetti: modelli concreti in compensato, in plastica, in cartoncino o modelli grafici. Li consegna agli alunni perché calcolino la misura dei rispettivi perimetri. Ad esempio, occorre calcolare i perimetri di 20 quadrati diversi l’uno dall’altro: Ogni gruppo di tre-quattro alunni ha la sua serie di quadrati. Gli alunni cominciano a misurare, prima un lato, poi il secondo, poi il terzo, infine il quarto… Sommano ed ottengono la misura del perimetro del primo quadrato. Poi passano al secondo quadrato e ripetono le operazioni. Poi passano al terzo quadrato ecc. Qualcuno comincia a stancarsi e, vagabondo come il docente, comincia ad aguzzare l’ingegno: ma perché misurare tutt’e quattro i lati se essi sono eguali? Perché non misurarne uno solo e poi sommare o meglio moltiplicare per 4. Ecco l’inventore, ecco lo scopritore, ecco il matematico! La regola è trovata: moltiplicare la misura del lato per 4. Il docente vagabondo sorride soddisfatto ma, vagabondo qual è, non interviene ed aspetta che anche gli altri scoprano per conto loro la regola. Ora si tratta di passare al triangolo, al pentagono, all’esagono… Si ripetono le stesse attività. In sintesi, le conclusioni sono le seguenti: TRIANGOLO: lato x 3 QUADRATO: lato x 4 PENTAGONO: lato x 5 ESAGONO: lato x 6 Ora il docente vagabondo propone agli alunni di calcolare i perimetri dell’ettagono, dell’ottagono ecc. Ma gli alunni, diventati vagabondi anch’essi, per la forza dell’imitazione, lo interrompono: è inutile perdere tempo a misurare, basta moltiplicare la misura del lato per il numero dei lati. La regola è trovata, inventata, scoperta, costruita: compresa ed appresa! Il docente solerte sta ancora spiegando, mentre il docente vagabondo si gode la gioia che legge nei volti dei suoi alunni: hanno scoperto la regola! L’hanno scoperta. L’hanno compresa. La ricordano, facilmente. Anzi, a pensarci bene, potrebbero anche non fare la fatica di memorizzarla: tanto, sono capaci di reinventarla in ogni momento. Bella soddisfazione! Ancora più bella perché hanno lavorato gli alunni. E il docente vagabondo se ne è stato… tutto impegnato:
Forse, o senza forse, avrebbe fatto meno fatica a dare la regola e gli alunni avrebbero faticato di meno per memorizzarla, almeno per qualche giorno, salvo poi a non ricordarla o a non saperla applicare al caso giusto, confondendola con quella dell’area (è questo il rischio!). Ma forse la strategia del docente vagabondo è da preferire: è da preferire almeno per tre motivi. 1°) Gli alunni comprendono veramente solo quello che hanno scoperto, inventato, costruito da soli. 2°) Gli alunni ricordano meglio quello che hanno scoperto da soli. 3°) Gli alunni, non solo comprendono ed apprendono meglio, ma sviluppano le loro capacità ed i loro atteggiamenti inventivi, creativi, analitici, sintetici, logici… Gli alunni imparano ad osservare, a prendere atto che i lati sono eguali, a stabilire una equivalenza tra la situazione del quadrato e quella del triangolo, del pentagono… scoprendo che variano le misure ed il numero dei lati ma resta invariata la relazione tra essi e la misura del perimetro: Perimetro = lato . x La metodologia della scoperta serve per apprendere e per formare. E serve anche e forse soprattutto per far nascere la gioia di imparare. Ma la metodologia della scoperta ha il suo costo: richiede tanto lavoro, da parte degli alunni, ma anche da parte del docente! |
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